20 dicembre 2025

Il vecchio muro di Vitarolo

 


Sul retro della villa signorile il muro non guardava la strada, ma il tempo.
Lì passavano i servi, in silenzio, con ceste e notizie non dette.
Le finestre alte davano luce alle stanze buone, mai agli occhi curiosi.
Dietro, invece, il muro assorbiva voci, litigi, segreti di famiglia.
Durante la guerra fu rifugio d’ombra e di paura.
Nel dopoguerra vide partire i padroni, uno alla volta.
Restò a custodire il giardino scomparso e i passi che non tornavano.
La casa davanti mostrava ancora dignità.
Il muro dietro conservava la verità.
E ancora oggi, se lo guardi a lungo, sembra ricordare tutto.





Un vecchio muro come questo di Vitarolo può raccontare molte storie, anche senza parole.





Può parlare del tempo: le pietre consumate, l’intonaco che si sfalda, il muschio che cresce alla base raccontano anni – forse secoli – di pioggia, freddo, sole e abbandono. Ogni segno è una traccia di ciò che è passato.

 







Le aperture murate sono forse la parte più eloquente. Una porta chiusa indica un cambiamento: un ingresso che non serviva più, una casa trasformata, una famiglia che se n’è andata. Le finestre tappate suggeriscono stanze ormai inutili, o il tentativo di proteggere ciò che restava dal degrado.










Il muro racconta anche la vita quotidiana di un borgo rurale: case addossate l’una all’altra, materiali locali, soluzioni pratiche più che estetiche. Qui si viveva con ciò che c’era, adattando gli spazi alle necessità del momento.









Infine, parla di memoria e silenzio. Oggi sembra immobile e muto, ma un tempo era attraversato da voci, passi, lavori, stagioni che cambiavano. È una specie di archivio a cielo aperto: non conserva nomi o date precise, ma emozioni, abitudini e trasformazioni.


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