venerdì 24 febbraio 2023

CEMENTIFICIO DI CASTELLAVAZZO

 CEMENTIFICIO DI CASTELLAVAZZO 

L’imponente struttura in calcestruzzo ben visibile, a nord ovest dell’abitato di Castellavazzo, si presenta interessante, seppur spoglia e inattiva. 

Si possono individuare due zone distinte: a quota più elevata è insediato l’antico nucleo produttivo costituito dal complesso dei forni, dei frantoi e di una serie di locali connessi al loro funzionamento. 

Più in basso si riconosce la più recente espansione industriale che comprende il sistema dei mulini, le centrali di spedizione e alcuni capannoni per lo stoccaggio dei cliker.

 La volumetria estremamente singolare è costituita dall’articolazione delle masse, dal sollevamento delle altezze e dalla complessità delle sezioni. Il cementificio, attivo dal 1912 al 1966, fu fondato dalla Società Calce Bellunese a Castellavazzo per la facilità di reperimento e prelevamento della pietra in zona. 

Negli anni '50, a fronte della crescente richiesta di cemento per la costruzione delle numerose dighe del bellunese, la società subentrante potenziò le strutture. Le cave da dove veniva estratta la pietra si trovano sulla sponda sinistra del Piave, sopra la frazione di Codissago, in località Crepe, Mas e Pascoli ed erano collegate al cementificio con teleferiche e ferrovie con scartamento ridotto. Nel 1978 l'opificio chiuse definitivamente l’attività provvedendo allo smantellamento delle strutture interne.



































lunedì 21 novembre 2022

Tomba Brion ad Altivole 2022 - Il capolavoro di Carlo Scarpa

 Tomba Brion ad Altivole 2022

Il capolavoro di Carlo Scarpa

Appena riportato all’originaria bellezza, il complesso architettonico è un capolavoro assoluto di modernismo, arte veneziana e filosofie orientali ispirati al tema dell'amore assoluto.


Quando si giunge al piccolo cimitero di San Vito, frazione di Altivole in provincia di Treviso, si capisce subito di essere di fronte a qualcosa di inusuale: giovani armati di Rolleiflex a pellicola in bianco e nero, creativi di ogni nazionalità, professori universitari, e persino Brad Pitt in incognito durante una recente visita alla Biennale, si alternano dall’alba al tramonto per cogliere i mille orizzonti di luce del capolavoro di Carlo Scarpa, la Tomba Brion.


Il complesso architettonico, appena riportato all’originaria bellezza grazie ad un restauro conservativo conclusosi nell’aprile 2021, rappresenta un inno al vero amore che si compie prima nella conoscenza del sé e poi nell’unione simbiotica con l’altro.

Se vuoi essere felice per tutta la vita, fatti un giardino. (Carlo Scarpa)

E’ in quest’opera che l’immenso Carlo Scarpa – artista, pittore, creativo, illusionista, artigiano, architetto per laurea ad honorem – ha condensato tutto il suo sapere, da quando, sin da bambino affascinato da simmetrie ed edifici classici, decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Una città che, come dirà lui stesso, lo plasma nell’anima e nella creatività, sviluppando all’estremo la sua naturale inclinazione per il dettaglio e la trasformazione della materia, l’amore per il vetro, l’oro e le influenze bizantine, l’ossessione per l’acqua e i colori.


Un DNA artistico che negli anni coniugherà con le influenze contemporanee, come il modernismo di Wright e Le Corbusier, e le sue passioni come quella per il Giappone. Ed è proprio quest’ultima la più evidente ispirazione del progetto monumentale commissionato nel 1969 da Onorina Tomasin per ricordare il marito Giuseppe Brion, un lavoro che Scarpa accettò solo dopo aver ricevuto parola dalla vedova che non si sarebbe mai risposata, considerando, quindi, Giuseppe l’unico amore della sua vita. Con lui aveva fondato il brand Brionvega, celebre per aver innovato nel settore del design con oggetti cult come la Radio Cubo e il televisore portatile Doney, oggi esposti al MOMA di NY.

Progettata proprio a cavallo del suo primo viaggio in Giappone, anche se in realtà Scarpa ne era già un grande conoscitore, Tomba Brion rappresenta forse il progetto più amato dall’architetto tanto da impegnarlo nella sua costruzione dal 1970 al 1978, anno in cui muore in seguito ad una caduta dalle scale proprio a Sendai in Giappone. Un destino che rende ancora più intima e intensa la visita al complesso funerario che Scarpa aveva indicato nel suo testamento anche come suo personale luogo di sepoltura.


La visita del complesso inizia dall’entrata del Cimitero: un vialetto conduce ad un pino piangente che avvolge l’ingresso dove, seguendo un gioco di simmetrie e ricerca prospettiva, fil rouge dell’architettura scarpiana, inizia il nostro viaggio. Qui ci accoglie quella che è diventata l’icona più forte della Tomba: due cerchi che si incrociano, a simboleggiare Ying e Yang, gli opposti che si incontrano, l’uomo e la donna che si uniscono romanticamente, fondendosi in un’unica anima.



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