Lanerossi Schio 2007
Quando faccio un passo in un sito abbandonato mi sento come se entrassi in una macchina del tempo.
Cerco di sentire le emozioni del suo passato ed è quello che voglio mostrare nelle mie immagini.
Quando le persone sono alla ricerca di mio lavoro e sollevano una domanda su di esso, allora mi sento di esserci riuscito… e quando le persone guardano le mie foto, voglio che sentano quel brivido di nostalgia e di curiosità che sento io quando sto lì in mezzo alle rovine.
Voglio che si chiedano cosa e successo, chi ci sia stato, e cosa si provi a essere li in quel momento.
Se riesco a trasmettere questo, allora so di aver fatto il mio lavoro.
Entrare in un sito industriale abbandonato è un’esperienza che mescola
sensazioni contrastanti, quasi come varcare la soglia di un mondo sospeso.
All’inizio c’è il silenzio: un silenzio diverso, denso, che sembra trattenere gli echi di ciò che è stato.
Ogni passo risuona amplificato, e la polvere che si solleva diventa un
promemoria del tempo trascorso.
Subito sotto, però, scorre una vena di inquietudine.
Le strutture fatiscenti, le ombre che cambiano forma, il vento che fa sbattere una lamiera — tutto può far sentire osservati, come se qualcosa fosse rimasto a vegliare quel luogo.
Non è paura vera, ma una tensione costante che tiene
all’erta i sensi.
E poi c’è una strana forma di melanconia:
vedere la natura che riprende spazio, l’edera che arrampica sulle pareti,
le finestre rotte che lasciano entrare la luce in diagonali lente…
tutto parla di
trasformazione, di ciò che nasce mentre qualcos’altro muore.